lunedì 6 marzo 2017

Troppi stimoli per la nostra mente?

Televisioni o radio a tutto volume in qualsiasi locale, social network consultati ossessivamente ovunque attraverso smartphone, pc e tablet.
La nostra vita, spesso, assomiglia a un continuo bombardamento di stimoli.
Non facciamo a tempo a concludere un compito lavorativo che, ecco, corriamo a collegarci al web in cerca di qualcosa di divertente, eccitante, intrigante.
Ci troviamo ad attendere qualcuno o qualcosa, magari semplicemente l’autobus o il treno? Fuggiamo subito il rischio tedio, infilando gli auricolari alle orecchie e ascoltando un brano dalle infinite playlist che ci portiamo dietro. O controllando un paio di account social sullo smartphone.
Apparentemente, è un quadro idilliaco: la tecnologia ci permette di riempire i “momenti vuoti” della nostra vita con stimoli, svago, distrazioni.
In realtà, tale scenario può nascondere un lato oscuro: un eccesso di stimolazioni che affatica la mente, ci rende più distratti e può, in certi casi, abituarci a non elaborare emozioni negative e frustrazioni.
La scienza ci mette oggi in guardia da tali rischi.

Consideriamo un dato che potrebbe sorprendere: la sensazione di essere popolari e apprezzati attiva l’area cerebrale detta “nucleus accumbens”, la stessa responsabile delle gratificazioni provenienti dal cibo e dalla sessualità.
Secondo uno studio della Freie Universität di Berlino, i partecipanti ad un esperimento che mostravano una maggior attività del “nucleus accumbens” quando si sentivano apprezzati dagli altri, erano anche i più assidui nell’utilizzo di Facebook.
In pratica, sembra che persone particolarmente sensibili all’ammirazione siano più propense a trascorrere tanto tempo sui social, cercando probabilmente di costruirsi una “web reputation” sempre migliore. Dov’è il problema?
Il punto cruciale è che il “nucleus accumbens” rappresenta sì il “centro cerebrale della ricompensa”, cruciale nello stimolare comportamenti fondamentali per la sopravvivenza, ma sembra coinvolto anche nei meccanismi della dipendenza. Ad esempio, pare che alcolismo e uso prolungato di droghe potenzino eccessivamente alcune connessioni neurali del nucleo, rendendo l’individuo come “ipersensibile” al piacere derivante dalle sostanze.

Queste considerazioni mi fanno sorgere un dubbio: le persone più ossessionate dall’approvazione altrui non rischiano, accedendo ai social ovunque grazie ai dispositivi portatili, di stimolare esageratamente il "nucleus accumbens" e cadere quasi in una “dipendenza virtuale”?
È interessante considerare che la stessa area cerebrale si attiva anche in risposta alla musica: mi viene spontaneo temere che, infilandoci subito le cuffiette e premendo “play” sul lettore musicale quando ci sentiamo minimamente annoiati o tristi, impediamo alla nostra mente di elaborare le emozioni negative attraverso un recupero graduale.
Interrompiamo la tendenza spontanea all’equilibrio del nostro organismo somministrandoci subito una “scarica di piacere”: peccato che, poi, rischiamo di non poter più vivere bene e affrontare eventi frustranti senza “scariche di piacere” immediate.

Da appassionato di musica e utente dei social, mi preme sottolineare che non sto affatto demonizzando i mezzi tecnologici; possono rendere la nostra vita migliore. Il problema è semplicemente l’eccesso.

Facciamoci un regalo, nel quotidiano: una passeggiata, una pedalata in bicicletta, un po’ di sana attività fisica “unplugged”, scollegati da auricolari, social e Internet. Magari in mezzo alla natura, per godere dei benefici derivanti dalla tendenza detta “biofilia” di cui ho già parlato!