Televisioni o radio a tutto
volume in qualsiasi locale, social network consultati ossessivamente ovunque
attraverso smartphone, pc e tablet.
La nostra vita, spesso,
assomiglia a un continuo bombardamento di stimoli.
Non facciamo a tempo a concludere
un compito lavorativo che, ecco, corriamo a collegarci al web in cerca di
qualcosa di divertente, eccitante, intrigante.
Ci troviamo ad attendere qualcuno
o qualcosa, magari semplicemente l’autobus o il treno? Fuggiamo subito il
rischio tedio, infilando gli auricolari alle orecchie e ascoltando un brano
dalle infinite playlist che ci portiamo dietro. O controllando un paio di
account social sullo smartphone.
Apparentemente, è un quadro
idilliaco: la tecnologia ci permette di riempire i “momenti vuoti” della nostra
vita con stimoli, svago, distrazioni.
In realtà, tale scenario può
nascondere un lato oscuro: un eccesso di stimolazioni che affatica la mente, ci
rende più distratti e può, in certi casi, abituarci a non elaborare emozioni
negative e frustrazioni.
La scienza ci mette oggi in
guardia da tali rischi.
Consideriamo un dato che potrebbe
sorprendere: la sensazione di essere popolari e apprezzati attiva l’area cerebrale
detta “nucleus accumbens”, la stessa responsabile delle gratificazioni
provenienti dal cibo e dalla sessualità.
Secondo uno studio della Freie
Universität di Berlino, i partecipanti ad un esperimento che mostravano una
maggior attività del “nucleus accumbens” quando si sentivano apprezzati dagli
altri, erano anche i più assidui nell’utilizzo di Facebook.
In pratica, sembra che persone
particolarmente sensibili all’ammirazione siano più propense a trascorrere
tanto tempo sui social, cercando probabilmente di costruirsi una “web
reputation” sempre migliore. Dov’è il problema?
Il punto cruciale è che il “nucleus
accumbens” rappresenta sì il “centro cerebrale della ricompensa”, cruciale
nello stimolare comportamenti fondamentali per la sopravvivenza, ma sembra coinvolto
anche nei meccanismi della dipendenza. Ad esempio, pare che alcolismo e uso
prolungato di droghe potenzino eccessivamente alcune connessioni neurali del
nucleo, rendendo l’individuo come “ipersensibile” al piacere derivante dalle
sostanze.
Queste considerazioni mi fanno
sorgere un dubbio: le persone più ossessionate dall’approvazione altrui non
rischiano, accedendo ai social ovunque grazie ai dispositivi portatili, di
stimolare esageratamente il "nucleus accumbens" e cadere quasi in una “dipendenza
virtuale”?
È interessante considerare che la
stessa area cerebrale si attiva anche in risposta alla musica: mi viene
spontaneo temere che, infilandoci subito le cuffiette e premendo “play” sul
lettore musicale quando ci sentiamo minimamente annoiati o tristi, impediamo
alla nostra mente di elaborare le emozioni negative attraverso un recupero
graduale.
Interrompiamo la tendenza
spontanea all’equilibrio del nostro organismo somministrandoci subito una
“scarica di piacere”: peccato che, poi, rischiamo di non poter più vivere bene
e affrontare eventi frustranti senza “scariche di piacere” immediate.
Da appassionato di musica e utente
dei social, mi preme sottolineare che non sto affatto demonizzando i mezzi
tecnologici; possono rendere la nostra vita migliore. Il problema è
semplicemente l’eccesso.
Facciamoci un regalo, nel
quotidiano: una passeggiata, una pedalata in bicicletta, un po’ di sana
attività fisica “unplugged”, scollegati da auricolari, social e Internet.
Magari in mezzo alla natura, per godere dei benefici derivanti dalla tendenza
detta “biofilia” di cui ho già parlato!
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